La necessità di correttivi procedimentali agli automatismi dei sistemi informatici: umanizzazione delle attività amministrative digitalizzate

Le recentissime vicende coinvolgenti il Comune di Amatrice nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, la quale con una raccomandata ha chiesto al detto ente di versare 43mila euro per sanzioni e interessi per il ritardato pagamento delle ritenute Irpef del 2016 (anno del terremoto), versate dall'amministrazione in ritardo di circa un anno, desta l’attenzione su vicende simili che a cadenza regolare coinvolgono cittadini, imprese e, come si vede, anche istituzioni.
Si tratta di un vero stillicidio che coinvolge la PA in maniera esponenziale in relazione alla sempre più pregnante presenza di sistemi gestionali che sorreggono i procedimenti amministrativi, da quelli di carattere sanzionatorio o legati alla riscossione, come quelli di Agenzia delle Entrate, a quelli di carattere autorizzatorio, per le imprese, a quelli legati alle erogazioni o sussidi, nei confronti dei cittadini in condizione di fragilità economica.
La patologia degli automatismi non attiene solo agli effetti nei confronti dei destinatari finali dei provvedimenti, ma coinvolge quanto agli effetti dannosi anche le stesse PA, come ben si è visto e si vede nell’ambito delle erogazioni non dovute legate al reddito di cittadinanza.
In buona sostanza ed in termini di premessa i sistemi possono non dialogare tra loro, possono non essere aggiornati rispetto al dato reale, possono partire da presupposti sbagliati (come dichiarazioni false) o possono non tenere conto di aspetti sostanziali e di vicende umane personali e collettive le quali come tali non possono essere recepite informaticamente, se non attraverso l’intervento umano.
E’ necessario quindi reinterpretare l’automazione della PA in un’ottica di tenuta in considerazione del “fattore umano”.
L’evoluzione informatica della PA in Italia è in ritardo rispetto a fette consistenti della realtà collettiva ma, seppur con ostacoli e talvolta caoticamente, ha trovato negli ultimi venti anni il suo decollo sperimentale ed il suo sviluppo sistematico: è la cosiddetta PA 3.0 che involge strumenti normativi legittimanti a partire dal Codice della PA Digitale del 2005 (D.lgs. n. 82/2005) ma soprattutto sistemi informatici capaci di gestire procedimenti amministrativi tenendo conto di aspetti e principi come quello riguardante la riservatezza e la trasparenza.
La funzione servente o accessoria iniziale degli strumenti informatici con l’evoluzione tecnologica sta trasformando gli stessi in elementi consustanziali del procedimento amministrativo: la tecnologia si fa essa stessa procedimento caratterizzando sempre di più l’elemento normativo ed i relativi istituti e diritti che trovano la realizzazione in via esclusivamente informatica. Ciò non solo attraverso la scomparsa della carta ma anche con una mutazione genetica del concetto di atto amministrativo e la perdita di significato di fasi procedurali ed operazioni amministrative che si svolgono ora direttamente a sistema.
Sotto un profilo più elevato, che sottende ad una proposta strategica di revisione normativa come questa, si vuole reinterpretare l’antico adagio latino “fiat ius nec pereat homo” in “fiat homo nec pereat ius”: Prima l’Uomo nella gestione informatizzata delle attività amministrative per evitare automatismi che creano, quando va bene, burocrazia digitale e, quando va male, lesione di diritti fondamentali che minano alla base la legittimità dell’azione pubblica
E’ necessario che il nuovo Governo percepisca l’importanza della telematica nello sviluppo della PA e dei diritti civili rispetto alle politiche che i Governi precedenti hanno dovuto perseguire. Nel contempo imprima una nuova direzione sul piano dei principi dell’utilizzo dei Sistemi, condizione essenziale per una revisione generale delle infrastrutture telematiche, le quali necessitano per molteplici aspetti di una “internalizzazione” rispetto ad un outsourcing abusato per carenza di risorse professionali interne ed anche più spesso per interessi di parte.
Ciò in particolare quanto ai diritti fondamentali e nello specifico in ordine alla tutela della riservatezza e alla sicurezza dei sistemi, sempre più oggetto di attacchi dall’esterno.
QUADRO GIURIDICO VIGENTE E CONSIDERAZIONI SISTEMATICHE
Gli assetti normativi inerenti alla gestione digitale delle attività amministrative assumono una plasticità notevole per quello che riguarda le fonti normative, per quello che riguarda le istituzioni coinvolte ai vari livelli di governo, per quello che riguarda gli interessi ed i principi a cui ottemperare, per quello che riguarda le peculiarità normative e strutturali dei processi più rilevanti.
Ebbene, su tutti questi aspetti viene giocata la complessa partita della digitalizzazione della PA, cui è chiamato l’attuale Governo.
Dal punto di vista normativo vanno evidenziate in maniera chiara le fonti principali rappresentate dalla Legge 241/1990 (legge sul procedimento amministrativo) e del DLgs. 92/2005 (Codice della PA Digitale).
Ciò in uno con ulteriori due normative cardine che hanno caratterizzato gli equilibri amministrativi degli ultimi dieci anni e cioè la normativa sulla tutela della riservatezza (con il recepimento del Regolamento Europeo sulla privacy n. 2016/679) e la legge sulla trasparenza di cui al D.lgs. 33/2013, che con la revisione del 2016 ha introdotto il nuovo istituto dell’accesso civico generalizzato.
Dal punto di vista istituzionale a livello centrale, oltre al ruolo del Governo e del Dipartimento della Funzione Pubblica e il Dipartimento per la Trasformazione Digitale, va naturalmente riferito il ruolo strategico di coordinamento di AGID. A livello territoriale le Regioni e gli Enti locali giocano oggi una partita importantissima per quello che riguarda l’attuazione degli obiettivi della digitalizzazione previsti nel PNRR.
In ordine ai processi amministrativi di altissima rilevanza vanno sicuramente riferiti quelli relativi agli appalti, oggetto della recentissima ristrutturazione del codice degli appalti e quelli relativi ai concorsi pubblici, anch’essi oggetto di un’accentuata rimodulazione in termini di semplificazione e riduzione dei tempi delle selezioni, entrambi comunque fortemente interessati da interventi di trasformazione digitale delle loro fasi e degli strumenti utilizzati.
Tutto ciò in termini di estrema sintesi, rivolta a chiarire il quadro generale sul quale insiste la presente proposta.
La dimensione da analizzare per sorreggere un impianto di revisione normativa volto a rendere correttivi procedimentali agli automatismi dei sistemi informatici, risulta essere in prima battuta quella del soccorso istruttorio, istituto caratterizzante gli appalti ma estensibile ad ogni altro procedimento amministrativo e definibile come un sub-procedimento che viene azionato dal responsabile del procedimento per colmare lacune documentali, per modificare dichiarazioni o per correggere errori emersi nella fase istruttoria del procedimento.
La legge generale sul procedimento amministrativo attribuisce al responsabile del procedimento il compito di chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete (legge 7 agosto 1990, n. 241, art. 6, comma 2, lett. b). Nonostante la suddetta disposizione indichi che il responsabile del procedimento «può chiedere», la giurisprudenza ha finito per considerare il c.d. soccorso istruttorio come un dovere e non come una mera facoltà (Cons. Stato, sez. V, 5 dicembre 2012, n. 6248).
L’istituto è volto a garantire la massima collaborazione possibile tra privato e amministrazione pubblica
Lo sviluppo normativo in termini estensivi di tale istituto è stato notevole negli ultimi anni con le previsioni del codice degli appalti del 2016 e con le definizioni del nuovo codice. A ciò si aggiungono gli interventi giurisprudenziali degli ultimi anni che hanno interessato la dimensione di questo istituto nella gestione di procedure amministrative informatizzate In particolare, nel complesso rapporto tra informatica ed adempimenti formali, va riferita in tale contesto la decisione del Tar del Lazio che con la sentenza n. 5780/2020 ha rigettato il ricorso di un’offerente per una procedura di appalto che è stata assegnata ad un’altra candidata.
Nel caso specifico i concorrenti erano stati costretti ad utilizzare un modulo con format determinato e prefissato dal Mercato Elettronico Pubblica Amministrazione che non presentava lo spazio fisico per indicare separatamente gli oneri della manodopera. Questa confusione e situazione di disorientamento ha ingenerato l’errore negli offerenti e ha legittimato il ricorso al soccorso istruttorio che ha eliminato l’errore di sistema.
In buona sostanza con tale decisione giudiziaria si è aperta la strada al principio della correzione umana, attraverso il soccorso istruttorio, dei “bugs” dei sistemi informatici.
L’ulteriore elemento da considerare si lega univocamente al testo della L. 241/1990 che prevede all’art. 6 il principio generale relativo all’adozione del provvedimento, recepito nella modifica della legge attuata con la legge 11 febbraio 2005, n. 15: “L'organo competente per l'adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento, non puo' discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale”
Da ultimo, ma è l’elemento più importante sotto il profilo dei principi, la predetta revisione del 2005 e in maniera ancor più cogente il recente D.L. n. 76/2020 hanno previsto che “le amministrazioni pubbliche agiscono mediante strumenti informatici e telematici, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati.”
È il suggello definitivo all’uso obbligatorio della telematica nel procedimento amministrativo che traspone la normativa del 1990 alla realtà dell’attività amministrativa elettronica.
Tutti questi fattori vanno a sorreggere la proposta che segue inerente a un procedimento amministrativo digitale nel quale gli automatismi delle istruttorie informatiche possono essere corretti dall’intervento del responsabile del procedimento e dall’organo competente dell’emanazione del provvedimento.
CONCLUSIONI E PROPOSTE
In questo quadro si mira a stabilire un criterio da recepire nella legge sul procedimento amministrativo e volto a proporre un modello che contemperi gli aspetti decisionali alle risultanze delle istruttorie informatizzate.
Ciò per dare espressione a decisioni conformi ai principi che sorreggono l’attività amministrativa sanciti sia dalla fonte costituzionale, in particolare l’art. 97, sia dalle fonti comunitarie.
In primis il principio di buon andamento, che si esprime a livello costituzionale e prescrive alla P.A. di svolgere le proprie attività secondo le modalità più idonee ed opportune per la realizzazione di un’azione amministrativa che sia economica, efficiente ed efficace, tale da arrecare il minor sacrificio possibile per le posizioni soggettive con esso confliggenti.
Poi, a livello comunitario, il principio del giusto procedimento, che garantisce il diritto di partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo, assicurando altresì che lo stesso sia svolto in maniera imparziale, democratica e trasparente.
A questo si associa un ulteriore principio di derivazione comunitaria e cioè il principio di proporzionalità, il quale garantisce che i provvedimenti adottati dalla P.A. non siano eccedenti a quanto è necessario per il conseguimento dello scopo prefissato La legge 241/1990, nella revisione attuata con la L. n. 120/2020, ha trovato la formulazione del nuovo principio di buona fede: il principio di correttezza e buona fede oggettiva, di origine privatistica e contrattuale, è stato valorizzato dalla giurisprudenza amministrativa, secondo la quale, al fondamentale canone di buona fede devono essere improntati non solo i rapporti tra i consociati tenuti, ai sensi dell’art. 2 della Costituzione, al rispetto dei doveri inderogabili di solidarietà, ma anche la Pubblica Amministrazione
La buona fede è posta a presidio dell'aspettativa alla positiva conclusione del procedimento, ma prima ancora alla correttezza e alla lealtà delle trattative, ciò corrisponde alla regola generale di buona amministrazione e al principio comunitario del giusto procedimento amministrativo “la volontà del legislatore di superare definitivamente il modello tradizionale di esercizio del potere autoritativo, dove il cittadino è alla mercé dell’amministrazione, in favore di un modello essenzialmente partecipativo, in cui la dimensione pubblicistica dialoga e collabora con quella privatistica, non solo a parole, ma anche nei fatti, in quanto ogni discostamento da questo standard comportamentale può essere direttamente sanzionato dal giudice amministrativo come vizio di legittimità. In altri termini, i principi di collaborazione e buona fede intercettano lo spazio esistente tra legge e discrezionalità amministrativa, assoggettando quest’ultima ai vincoli rappresentati dal modello partecipativo, al fine di garantire non solo una tutela piena ed effettiva degli interessi privati, ma anche una migliore soddisfazione degli interessi pubblici.” (cit.: I profili innovativi dell’introduzione legislativa dei principi di collaborazione e buona fede di Giuseppe Marletta Federalismi.it 5 Ottobre 2022)
L’espressione di questi principi e le considerazioni prima fatte sul tema del discostamento dall’istruttoria e del soccorso istruttorio possono sostanziarsi in una nuova norma collocabile al citato art. 3 bis con un secondo comma che preveda il discostamento da parte del responsabile del procedimento e dell’organo competente all’adozione del provvedimento, con adeguata motivazione, dagli esiti dell’istruttoria automatizzata, quando quest’ultima confligga con i principi del procedimento amministrativo. Tale facoltà può essere esercitata d’ufficio o su istanza degli interessati con la possibile disposizione della sospensione e del differimento del provvedimento Con ciò si individua uno strumento necessario per ovviare ad automatismi informatici quando la loro abnormità risulti di palmare evidenza, attraverso una flessibilità decisionale che permette al provvedimento di rientrare nell’alveo del principio del giusto procedimento e della buona fede.
La funzione del discostamento viene attribuita sia al responsabile del procedimento che all’organo decisore a sottolineare l’alterità del gestore informatico ed il privilegio alla funzione decisoria umana rispetto all’automazione.
La motivazione come per ogni altro provvedimento costituisce in tale contesto il fondamento dell’azione umana correttiva, indicando le ragioni giuridiche e di fatto giustificatrici.
La previsione della possibilità di sospensione e differimento costituiscono strumenti alternativi che possono proporsi in maniera gradata rispetto ad un diniego totalizzante, avendo sempre di fronte il principio del minor pregiudizio verso gli interessati, siano essi cittadini imprese o la medesima PA.
Tutto ciò rafforza ed implementa quella collaborazione tra PA e cittadini a cui l’informatica deve necessariamente asservirsi e non fungere da ultimo arbitro: Il responsabile del procedimento e l’organo decisore mantengono redini salde, conformando l’utilità e la celerità dei sistemi ai principi di Solidarietà espressi in Costituzione.
Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 11 gennaio 2023